Appello delle Case Rifugio alla Regione Siciliana
In Sicilia i Comuni che inaugurano panchine rosse superano di gran lunga quelli che prendono in carico le donne messe in sicurezza nelle case rifugio e le sostengono nel percorso di fuoriuscita dalla violenza e nel recupero del proprio diritto all’autonomia sociale.
Tanti i Comuni che illuminano di rosso le loro facciate nelle feste comandate, ma sempre meno quelli che si assumono gli oneri economici relative all’accoglienza delle donne che necessitano di protezione.
Si crea cosi, fatte le debite differenze, una sorta di destino comune fra la donna accolta e la struttura che la ospita. Entrambe soffrono il tradimento inatteso da parte di chi si era impegnato a sostenerle.
I contenziosi legali fra gli enti gestori di case rifugio e i Comuni (dis)interessati, legati all’assunzione dei propri obblighi sociali ed economici definiti per legge, superano di gran lunga le panchine rosse e i posti occupati, creando sgomento nelle operatrici, a cui si è detto svolgano un servizio pubblico e minando alle fondamenta la credibilità dei messaggi con cui si invitano le donne a denunciare.
Due anni fa abbiamo promosso un coordinamento spontaneo di Case Rifugio. “Senza Rete”, che in occasione del 25 novembre aveva scelto di non partecipare a nessuna delle iniziative promosse dagli enti locali, proprio per sensibilizzarle rispetto all’ipocrisia sottesa alle inaugurazioni e alle manifestazioni simboliche di solidarietà, in assenza dei conseguenti atti concreti e amministrativi.
Oggi lo stesso coordinamento ha inviato al Presidente della Regione Siciliana e all’Assessore Regionale della Famiglia, delle Politiche Sociali e del Lavoro, la richiesta di avocare a se l’onere della copertura delle spese relative all’accoglienza delle donne presso le Case Rifugio accreditate, sollevando i Comuni dai suddetti oneri e garantendo stabilità e credibilità al lavoro di tutela.
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