liberamenteLa campagna “LIBERAMENTE“, promossa dall’associazione Penelope e dal Comitato Iniziativa Antipsichiatrica, e mirata a chiedere agli Assessorati della Salute e delle Autonomie Locali della Regione Siciliana l’adozione di direttive e provvedimenti per rendere effettivi e accessibili gli istituti di tutela previsti dalla legge 180 in favore delle persone che sono sottoposte a trattamenti psichiatrici obbligatori (meglio conosciuti come TSO).

Questa la sintesi delle nostre proposte

1. Pur essendo il TSO un provvedimento di limitazione della libertà personale (al pari di un fermo di polizia) che necessita infatti della convalida entro 48 ore dell’autorità giudiziaria (il Giudice Tutelare) pena la sua decadenza; e pur assumendo lo stesso la forma giuridica dell’Ordinanza sindacale: non ci risulta in nessun caso che tale provvedimento venga notificato all’interessato al momento della sua applicazione. Ciò impedisce di fatto il diritto del soggetto che vi è sottoposto di ricorrere contro tale provvedimento (diritto sancito dagli articoli 33 e 35 della L. 833/78), limitando al contempo anche la possibilità di azione delle associazioni di tutela.
Chiediamo pertanto all’Assessorato Regionale delle Autonomie Locali e della Funzione Pubblica l’emanazione di una direttiva, valida per tutti comuni siciliani, che obblighi i sindaci a disporre la notifica dei provvedimenti di T.S.O. a chi vi è sottoposto così da garantirne il diritto all’autotutela e alla difesa legale e evitare abusi illegali di tale istituto.

2. Pur prevedendo l’art 33 della legge che la persona sottoposta a T.S.O. ha diritto di comunicare con chi ritenga opportuno, è da notare che dalle numerose visite effettuate nei reparti psichiatrici, è emersa una situazione di negazione di tale diritto o per la mancanza oggettiva di telefoni pubblici, per la selezione attuata dal personale circa il numero e la destinazione delle chiamate o per la selezione arbitraria attuata dai sanitari circa i visitatori autorizzati a prendere contatto con i ricoverati.
Chiediamo pertanto all’Assessorato Regionale alla Salute per il tramite dei Direttori Generali delle ASL di dotare tutti i reparti di telefoni pubblici e emanare apposita direttiva volta a permettere l’accesso libero dei ricoverati ai telefoni del servizio (per i reparti privi di telefono pubblico) e il reperimento delle schede telefoniche nel caso di telefoni pubblici già installati. Allo stesso tempo analoga direttiva dovrebbe vincolare i responsabili dei reparti alla decisione diretta (e formale) dei pazienti circa gli ospiti graditi o sgraditi (così come per altro sancito dalla L.r. 7/91 sui diritti degli utenti dei servizi sanitari in Sicilia).

3. Pur prevedendo la possibilità di sottoporre le persone in TSO a cure non richieste, la legge invita i sanitari a ricercarne il consenso e, in ogni caso, non prescrive alcuna deroga al dovere del medico di informare il paziente circa le cure praticate.
Quello che emerge è la pratica diffusa di non informare i pazienti della natura e degli effetti delle terapie (quasi esclusivamente farmacologiche) a cui sono sottoposti per paura di un loro rifiuto o abbandono: ciò in aperta violazione del codice deontologico e delle carte dei servizi adottate dai servizi sanitari pubblici. Non vengono al contempo date informazioni sui diritti sanciti dalla legge, sulla natura del ricovero (se TSO o volontario), sulla possibilità di presentare ricorso etc.
Chiediamo pertanto all’Assessorato Regionale alla Salute una direttiva che obblighi i sanitari a fornire le informazioni suddette in maniera formale e concreta, utilizzando anche formule di consenso informato per iscritto. Le informazioni circa i diritti e le procedure di tutela potrebbero essere fornite attraverso la pubblicazione di un opuscolo informativo da distribuire ai ricoverati nel momento dell’ammissione su proposta delle associazioni di tutela (le associazioni proponenti in questo caso sono disponibili a preparare un vademecum efficace di autotutela dell’utente da stampare e distribuire a cura dello stesso Assessorato regionale alla Salute)

4. Pur non essendo vietato da una legge specifica, l’uso e l’abuso che viene fatto in psichiatria di mezzi di contenzione è purtroppo una prassi comune a molti reparti. Questa pratica oltre a violare il codice deontologico è sanzionabile sulla base del diritto penale come violenza privata e, a seconda dei casi, lesioni, sequestro di persona etc. La contenzione non è un mezzo terapeutico ma uno strumento di violenza, di sopraffazione e di punizione che non può essere accettato e che va denunciato. La pratica di tutela quotidiana e recenti fatti di cronaca come la morte del maestro elementare Francesco Mastrogiovanni, mostrano quanto sia difficile, anche in presenza di prove “oggettive”, penetrare il muro di gomma dei reparti psichiatrici e chiamare a rispondere delle proprie responsabilità gli operatori sanitari. Ciò anche in ragione della scarsa “credibilità” che i ricoverati godono in ragione dello stigma sociale legato alla malattia mentale.
Chiediamo pertanto all’Assessorato Regionale alla Salute di censire e requisire i mezzi di contenzione tuttora in uso presso i reparti psichiatrici, di emanare un’apposita direttiva per vietarne l’uso e avviare la dotazione di ciascun reparto di sistema di videosorveglianza a circuito chiuso per garantire la tutela e la possibilità di denuncia da parte dei ricoverati.
Chiediamo altresì che censisca e autorizzi le associazioni di tutela regolarmente iscritte negli appositi registri regionali e/o nazionali ad accedere in qualsiasi momento e senza preavviso presso i reparti psichiatrici, su richiesta e segnalazione dei ricoverati e/o di loro familiari, per verificare eventuali abusi e garantire l’accesso alle forme di tutela previste per legge.

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